RIFLESSIONI SULL’EUCARESTIA
Su questo notiziario la quinta e ultima puntata delle considerazioni brevi di don Paolo sul sacramento dell’Eucarestia. Lunedì 5 dicembre alle ore 19.30 don Francesco Cerini, parroco, insegnante e dottore in teologia concluderà questo ciclo e ci parlerà di “Eucarestia: differenze e prospettive di dialogo con i protestanti a 500 anni dalla Riforma”. L’incontro sarà in chiesa grande (non abbiamo altri spazi) e la chiesa sarà più che riscaldata. Vi aspettiamo tutti!
SOLENNITÀ DELLA SETTIMANA
Giovedì 8 dicembre solennità dell’Immacolata Concezione e festa di precetto. Alle 19 di mercoledì 7 Messa prefestiva e poi il giorno 8 tutte le Messe ad orario festivo in chiesa grande. Nel pomeriggi di mercoledì 7 alle 17 don Paolo e don Gianni con la benedizione inaugureranno la bancarella missionaria a via Friggeri 89.
SITUAZIONE DI PIAZZA DELLA BALDUINA
Abbiamo firmato il contratto con l’Acea. Finalmente (speriamo a giorni) inizieranno i lavori sulla piazza e saranno quasi tutti sul suolo parrocchiale. Tutte le spese saranno a carico dell’azienda a differenza di quanto volevano ottenere, ovvero che la parrocchia pagasse il rifacimento dopo il mezzo disastro provocato dai corti circuiti acquatici sotto il suolo.
Giovedì 8 dicembre, Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria:
L1: Genesi 3,9-15.20 | Salmo 97 | L2: Efesini 1,3-6.11-12 | Vangelo: Luca 1,26-38
Domenica 11 dicembre, III Domenica di Avvento – Gaudete:
L1: Isaia 35,1-6.8.10 | Salmo 145 | L2: Giacomo 5,7-10 | Vangelo: Matteo 11,2-11
CONSIDERAZIONI BREVI SUL SACRAMENTO DELL’EUCARESTIA (5)
Cattolici e protestanti hanno firmato insieme, il 31 ottobre 1999, una “Dichiarazione comune sulla giustificazione”. Lo hanno fatto ad Augusta, città simbolo di una certa “pacificazione” avvenuta già nel 1555. In realtà per i protestanti era presente soltanto la Chiesa luterana, quella con la quale è attualmente più facile il dialogo ecumenico. Tale dichiarazione è intensa e bella, sottolinea alcune cose comuni ma non nega le differenze, specie riguardo all’importanza delle opere buone (essenziali per un cattolico) e alla necessità di conseguire il perdono di Dio non solo con il Battesimo ma stabilmente con la Confessione. Chiediamoci in conclusione: Martin Lutero era un riformatore? I cattolici, dopo aspre polemiche, non negano dal Concilio Vaticano II in poi che Lutero fosse animato dal desiderio di riformare alcuni costumi della vita cristiana, specie a partire dalle indulgenze. Quando Lutero affisse nel 1517 le 95 tesi alla porta della chiesa di Wittenberg, va detto che tali tesi erano in lingua latina e non in tedesco, segno evidente che Lutero non si rivolgeva al popolo come un Masaniello ma agli accademici della sua stessa università, di cui era docente, ai vescovi della regione, anche al papa, che era però molto lontano. Non voleva dunque rompere. Poi va aggiunto che la questione scatenante per lui fu il modo di predicare le indulgenze da parte del domenicano Iohannes Tetzel, un modo scandaloso, che anche la storia cattolica condanna. Non c’era sicuramente nelle intenzioni iniziali di Lutero il desiderio di provocare quello scisma gravissimo, che poi di fatto fu provocato non solo da lui ma anche da alcuni suoi seguaci molto vicini, come Thomas Muntzer, il leader della rivolta dei contadini e come Andreas Karlstadt, suo fedele alunno, che si dette a un certo puto a bruciare chiese, abbattere altari, distruggere immagini. Inoltre, se Lutero era in buona fede, molto meno lo erano i principi tedeschi che lo appoggiarono, a partire da Federico III di Sassonia il quale, insieme ad altri principi, sfruttò la situazione che si era creata per guidare una ribellione verso l’imperatore del sacro Romano Impero Carlo V e verso il papa. Senza l‘appoggio politico di questi principi Lutero mai ce l’avrebbe fatta. Appoggiato e protetto per motivi tutt’altro che teologici, lo scisma iniziato da Lutero ebbe conseguenze gravissime. Non solo. Lutero, per garantirsi quell’appoggio delle corti principesche che poi eleggevano l’imperatore, dovette (volente o nolente) sottostare ai loro interessi economici, come quando condannò la rivolta dei contadini tra il 1524 e il 1526, definendo i contadini “cani selvaggi” e invitando tutti ad ucciderli, per fare cosa gradita a Dio. Questa cosa (e non solo questa) ne fa un personaggio discusso e nella complessità della sua esistenza occorre essere prudenti a definirlo un riformatore. Di Lutero sono note anche le forti tendenza antisemite, che furono poi utilizzate senza riguardo dalla propaganda nazista. Il cardinale Muller, attuale prefetto della Congregazione della dottrina della fede, ha affermato che “noi, i cattolici, non abbiamo nessuna ragione di celebrare il 31 ottobre 1517, data che segna la nascita della Riforma e che condusse alla frattura del cristianesimo occidentale”. Mi sembra molto chiaro. Nel 2013 uscì un film, intitolato LUTHER, sulla vita del fondatore del protestantesimo. L’ho visto molte volte e dico chiaramente che si tratta di un film inesatto sul piano storico, che dice solo alcune cose e ne mistifica molte altre. Il vero dramma di Lutero fu proprio quello di avere amato la Chiesa anche troppo, volendola cambiare, ma con modalità sbagliate, che poi gli sfuggirono di mano. Tutt’altra cosa – benché il paragone almeno storicamente regga poco – fu per Francesco di Assisi, anche lui riformatore del cristianesimo, ma obbediente alla Chiesa, di cui sapeva di essere parte e che amava come la sua madre, come la sposa di Cristo. I veri riformatori della Chiesa nacquero dopo e furono quelli che pilotarono dal basso la Chiesa verso quella nuova immagine e verso quella nuova realtà, che permise a gran parte dell’Europa di non diventare protestante. Essi furono (fra gli altri) Ignazio di Loyola, Filippo Neri, Gaetano da Thiene, Carlo Borromeo, Angela Merici, Camillo de Lellis e altri. Sembra incredibile (in realtà è credibile solo grazie alla fede) che tutti questi nacquero nel secolo XVI, ovvero il secolo dello scisma protestante. E che tutti questi furono (questi si!!) la vera provvidenza di Dio per aprire la Chiesa di allora a rinnovare gli studi, la presenza in mezzo al popolo, la carità, la dignità delle donne, tutte cose che oggi sono di casa nella Chiesa anche grazie a loro. Dobbiamo chiedere scusa ai protestanti? Chiedere scusa fa sempre bene, anzitutto a chi lo chiede. Nelle relazioni difficili o nelle impennate negative delle relazioni penso sia meglio sempre dire scusa, anche se si ha motivo di credere di essere stati piuttosto umiliati e fatti oggetto di aggressività gratuita. San Giovanni Paolo II, nel contesto del giubileo del 2000, durante alcune liturgie suggestive dinanzi al Crocifisso, fece alcune richieste di perdono, che furono precedute e seguite da altre richieste simili durante i viaggi apostolici (memorabile fu quella in Senegal, nel 1992, all’isola della Goreè, quando in un “santuario” costruito sul luogo della tratta degli schiavi, chiese scusa all’Africa per le colpe dell’occidente che, in occasione delle scoperte geografiche, utilizzò la mano d’opera africana in maniera disumana). Giovanni Paolo ci aveva abituato a maturare una coscienza globale di alcune situazioni del passato, ove la Chiesa cattolica non era direttamente coinvolta anche se spesso fu silente di fronte a tragedie indicibili. Cosa hanno fatto i cattolici ai protestanti per dovergli chiedere scusa? Nel secolo XIII il tentativo di riconquistare le terre dei valdesi (ora di fatto associati alla federazione delle chiese nate dalla riforma) in Piemonte provocò una repressione malvagia, della quale facciamo bene a chiedere scusa. Le guerre di religione in Francia tra cattolici e protestanti, nella seconda metà del secolo XVI devastarono il paese ed è attualmente difficile distinguere le responsabilità da una parte e dall’altra. Non si può fare storia a colpi di eventi contrapposti. Ci fu la strage degli ugonotti, protestanti francesi, nella notte di san Bartolomeo del 1572. Ci fu Calvino, uno dei più celebri seguaci di Lutero, che instaurò a Ginevra una teocrazia terribile nella seconda metà del secolo XVI, facendo giustiziare molto suoi oppositori, il più celebre dei quali fu il medico Michele Serveto. Ci fu il sacco di Roma del 1527 ad opera dei lanzichenecchi, quasi tutti soldati e mercenari di fede protestante che distrussero gran parte della città, con la compiacenza di Carlo V, che pure era un imperatore cattolico. Un prete recentemente beatificato, Nicolò Rusca, fu ucciso in Valtellina nel 1618, ad opera di una fazione della quale facevano parte molti protestanti, che lo odiavano per la sua intelligenza e dedizione pastorale. Insomma chi deve chiedere scusa e a chi? Penso sia opportuno in tutto questo essere molto prudenti. L’abitudine di alcuni cattolici, da qualche anno, di chiedere scusa a senso unico è stata criticata da molti studiosi di storia. La storia lascia meno spazio alle emozioni e più alla ragione. E non aggiungo altro. Consiglio a tutti di leggere un bellissimo libro. È scritto da due protestanti americani convertiti al cattolicesimo. Si chiama “ROMA DOLCE CASA”. Gli autori si chiamano Scott e Kimberly Hahn. Edizioni Ares. È un testo appassionante dedicato sia a cattolici che a protestanti. È una bellissima scoperta del cattolicesimo da parte di due che sempre sono stati protestanti. Non ha alcun livore verso i protestanti. La conversione dei due protestanti americani è un racconto che fila liscio e aiuta a scoprire sia la bellezza del cattolicesimo sia il rispetto per i tanti protestanti che, non volendo fare inciuci, vivono molto bene la loro appartenenza.
Don Paolo Tammi p.tammi@tiscali.it Fine