Un papa capriccioso e insopportabile. Insopportabile non solo per vescovi e cardinali di curia ma anche per il popolo di Dio. Il quale non riesce a capire un atto di ridicola “ umiltà”, che è quello di non farsi vedere, prima proclamato ai cardinali poi attuato con un demenziale Angelus, a piazza vuota e con il papa girato di schiena. Salvo poi suscitare applausi a Venezia, nel decimo e ultimo episodio, con un discorso allucinante, gnostico, fatto di copia e incolla di frasi assolutamente senza senso. Dunque un papa anche incomprensibile, o comprensibile solo per Paolo Sorrentino. Che sia un papa che fuma o gioca a biliardo è anche piacevole. I suoi sorrisini ironici, che accompagnano un carattere sostanzialmente distruttivo e pessimista, ne fanno un personaggio al di là di ogni umano giudizio. Una specie di alieno che, se si fosse sposato, sarebbe stato un disastro per qualunque ordinaria convivenza. Facendo il papa, invece, è un disastro per la Chiesa. Ed è quello che l’ateo Sorrentino probabilmente desidera: il disastro della Chiesa.
Tutto sommato ai cristiani una mano l’ha anche data: ha mostrato che con un papa così la Chiesa va in malora e che dunque da un papa di questo tipo, portatore di quelle idee (meglio chiamarle ideologie) occorre che Dio ci guardi il più possibile. Sorrentino sa bene che tutte le parole che ha messo in bocca a quel papa sono ridicole. Che qualunque papa le pronunciasse, facendone seguire atti di governo, distruggerebbe – per quanto un uomo possa fare, nella Chiesa che è di Dio – la fede della gente. Questa almeno è una buona lezione che ci possiamo portare a casa, tanto più da una fonte così laica: il papa non è il padrone della Chiesa, la riforma della Chiesa non è fare quel che gli pare, predicando a parole la franchezza e il consiglio e poi facendo tutto di testa propria.
Rimane il fatto, a mio parere inequivocabile, che il nostro regista non è certo un “lontano”, nostalgico di una Chiesa pura e santa, fedele al dettato del Vangelo. Basta pensare ad una trovata semplicemente odiosa, come quella di costringere un prete a violare il segreto confessionale (un sacrilegio gravissimo, per ogni prete) pur di scoprire i segreti del vaticano. Al di fuori di qualche velata ammirazione specie per l’elemento femminile (le suore ci fanno quasi tutte una bella figura) , a me sembra solo uno che prende in giro in modo spudorato la fede dei credenti, vagheggiando misure di governo e di “ riforma” che non solo sa (e lo sa benissimo) essere già in atto (anche se con fatica e con pazienza e non con la rigidità nevrotica del suo papa ), ma sa anche che in nessuna umana società o istituzione un capo così spocchioso e talora ridicolo reggerebbe un attimo. Per cui farne una specie di profeta di un mondo e di una Chiesa rinnovati è solo e soltanto una grossa presa per i fondelli. Riservata ovviamente a chi crede in Dio e in Gesù Cristo.
E anche se la nomenklatura attuale consiglia di parlare bene o di “ dialogare” con gente che ha fatto soldi a palate per anni parlando male della Chiesa, penso sia opportuno mantenere la libertà di criticare e di non lasciarsi sbuffoneggiare. Abbiamo visto 10 puntare di un papa che dice di “ non credere in Dio” ma che si ritiene un santo. Santo lo definisce la suora che gli ha fatto da madre ( e che non condivide tante sue posizioni). Santo lo definisce un cardinale latinoamericano perché, tra le tante prove di santità, a un certo punto, tornando da un viaggio in Africa, ferma il corteo papale a un autogrill, si mette a pregare come un anacoreta della valle reatina e così fa morire una suora, da lui accusata di fare affari caritatevoli con il tiranno del paese. Bel miracolo davvero. Abbiamo visto un papa che caccia dalla chiesa tutti i preti omosessuali (da un cardinale definiti in misura dell’80%) e che poi tiene accanto a sé il suo segretario prediletto, nonostante la sua manifestata omosessualità, dicendo che “ ci ha ripensato”. Tra le righe questa è la fine che fanno sempre tutti gli urlanti e scudiscianti predicatori della rettitudine, pronti sempre però a compromessi per la ragion di stato.
Un papa vendicativo che manda per punizione due cardinali (uno dietro l’altro) in un villaggio in Alaska, in mezzo agli eschimesi, ove per dire Messa (per giunta all’aperto, come se in Alaska non esistessero chiese) ci si spella le mani e si contraggono malattie articolari. E facendolo si compiace e sorride come un perfetto mafioso, che ha deciso di usare l’acido per eliminare i suoi oppositori.
Un papa vestito in maniera assurda, con una specie di ridicolo ghirigoro ricamato sulla veste bianca . Un papa che riceve in abiti liturgici (che si usano solo durante le sacre celebrazioni) sia il presidente del consiglio italiano sia il patriarca ecumenico di Costantinopoli, minacciando il primo alla faccia della laicità dello Stato, e rimanendo totalmente muto con il secondo, definito da lui noioso e insopportabile. Un papa che sacrifica senza scrupoli (e senza lacrime) il suo migliore amico sacerdote, creandolo prima cardinale e poi chiedendogli di attuare , per pura devozione alla sua persona, l’allucinante ordine di smascherare tutti i preti gay. Una sofferta obbedienza dell’amico che provoca persino il suicidio di un ragazzo, cacciato dal seminario, un suicidio dal cui senso di colpa l’amico cardinale mai si riprenderà , finendo poi ammazzato in Honduras o giù di lì.
Naturalmente (e come poteva mancare?) un papa che ha alle sue spalle il classico amorazzo con una misteriosa donna di probabili origini messicane, con due figli (forse suoi?), alla quale, quando era un prete, aveva scritto struggenti lettere d’amore, da far piangere la nonnina e che poi i suoi nemici tentano di rendere pubbliche, non riuscendoci ovviamente. Altrimenti altre dieci puntate (già tragicamente previste) Sorrentino come farebbe a metterle su?
Troppe altre cose il nostro ha messo in scena , basandosi sulla sua fantasia e schivando persino le elementari e comuni collaborazioni ecclesiastiche di sceneggiatura che (con tutti i soldi che guadagna) non gli sarebbero state impossibili e così dando almeno un senso di compostezza agli ambienti e agli abiti di questo papa alieno e fuori da ogni dignità. Un augurio poco natalizio potremmo farlo al nostro premio Nobel. Che vada a vivere in un paese musulmano della sharìa, dove a ridicolizzare la fede di tanta gente almeno ci penserebbe un attimino.