Un pellegrinaggio in Terra Santa è un viaggio del corpo e dello spirito. Si parte un po’ spinti dalla curiosità di dare un volto a luoghi i cui nomi sono tanto familiari quanto “astratti”, da atlante geografico per intendersi, e si finisce col toccare con mano quanto fino ad allora si era soltanto immaginato. Ma forse più che con gli occhi, quei luoghi si finisce col visitarli col cuore. La guida locale spiega e illustra, ma la vera guida è Gesù che, lungo tutto il cammino attraverso i posti che sono stati teatro della sua vita terrena, come sulla strada per Emmaus spiega il senso delle Scritture: tutto è più chiaro, in Terra Santa, tutto ha più sapore. È come se le pagine dei Vangeli si animassero in un libro pop-up, diventassero 3D e lì, calato nel contesto originario, il cuore si allarga e gioisce, perché finalmente vede, coglie sfumature prima ignorate, comprende. Ognuno dei 26 pellegrini guidati da don Gianni dal 1 all’8 luglio ha avuto in questo viaggio un suo “luogo del cuore”, in cui ha sperimentato con più forza la presenza del Signore. E se il corpo si affatica sotto il sole implacabile di Qumran o su e giù per le viuzze di Gerusalemme e il ripido pendio del Monte degli Ulivi, a ogni passo il vero viaggio lo compie il cuore, di continuo messo a confronto con il Vangelo che in quei posti interroga più che mai, e non si può fuggire perché anche gli occhi e la mente “sentono” le stesse domande, come se le pietre e gli edifici ne ripetessero l’eco. Ecco perché un viaggio in Terra Santa non è un viaggio come un altro, ma, come dicono tutti quelli che ci sono stati, un’esperienza che ti cambia. Accende un fuoco nel cuore, e non è certo colpa del clima rovente del Mar Morto o dell’assolata spianata del Tempio: è  il fuoco dei discepoli di Emmaus dopo l’incontro col Risorto; è il desiderio di acqua viva della Samaritana presso quel pozzo di Nablus dove una goccia d’acqua gettata dall’alto impiega sei lunghissimi secondi prima di arrivare in fondo, dove alla luce delle torce dei cellulari si vede, silente e vivace, baluginare l’acqua viva della sorgente che alimenta il pozzo; è l’emozione di recitare le parole del Credo relative all’Incarnazione nel luogo in cui questa è avvenuta; è navigare sull’acqua del mare di Galilea, che sembra invitare a non avere paura, a camminare con Gesù sulle acque talvolta agitate della nostra quotidianità… Non si può raccontare un viaggio del genere, lo si può solo vivere come un dono.