Grande partecipazione all’incontro, che si è tenuto mercoledì 24 novembre 2021 in Parrocchia, di presentazione del Libro “Vorrei Parlarti di Dio” di Mons. Bruno Forte.
L’idea dell’Arcivescovo è stata quella di farsi porre alcune domande da tre ragazzi universitari della Parrocchia che avevano potuto leggere in anteprima le bozze della sua ultima opera.
Don Andrea, oltre a sottolineare la bella intuizione della nuova forma di presentare un libro, ha ringraziato l’Arcivescovo per la sua presenza e lo ha presentato come un teologo che ci porta su vette altissime, ed al tempo stesso capace di dialogo, come pochi altri, sui grandi temi del senso della fede, dell’appartenenza a Dio o sul come si possa arrivare a quella felicità e bellezza della nostra fede che tanto ci attrae. “Come ho scelto i ragazzi? – spiega don Andrea – Carlotta d’Agostino che lavora nel mondo del giornalismo e questo le piace molto, Giacomo Gaiotti un neo laureato in storia, mi ha fatto leggere la sua tesi sulla destra eversiva arrivando ad intervistare un personaggio terrorista della nostra storia riuscendo con il suo cuore di ragazzo cristiano ha creare delle crepe nei cuori più difficili. Gregorio Alfieri, infine, me lo possono permettere, lontano, ma che si è avvicinato alla fede, studia infermeria, arbitro di calcio e soprattutto si pone domande di fede!”
L’Arcivescovo che preferisce farsi chiamare più confidenzialmente, Padre Bruno, introduce la serata parlando del suo incontro con il Signore a poco più di 16 anni che gli ha cambiato la vita: “il libro è scritto da un innamorato, narra un incontro che ti prende totalmente perché senti che il Suo amore ti basta. Sono passati 55 anni da quel momento e la gioia non è mai scomparsa. Parlare di Cristo è parlare di una storia di amore, manifestata per tutti noi, nessuno escluso. Dio è amore, amore gratuito, fedele, eterno. Ho creduto in questo amore, grazie all’incontro con il Cardinale Ursi, di cui porto la croce, perché in punto di morte me la donò.”
Mons. Forte, che ha scritto oltre 100 libro dei quali qualcuno raggiunge le 15 o 18 tradizioni, spiega come la prima parte del libro siano lettere che ha scritto ai giovani che ha incontrato in diocesi, le altre 8 sono risposte alle grandi domande poste su Dio, sul dolore e su altri temi esistenziali. “Le lancio solo come occasione di dialogo ed incontro, al di là di ciò che potrò dire” – ha tenuto a precisare.
Carlotta pone la prima domanda, chiedendo in che modo possiamo approcciare ai ragazzi specialmente adolescenti che non si interrogano su questo tema?
Mons. Forte: “Me la sto ponendo continuamente questa domanda, una delle grandi sfide è trovare il linguaggio, verso i tanti giovani che hanno vissuto la pandemia come un luogo di solitudine. Spesso sono annegati nelle innumerevoli proposte del web. Dobbiamo far capire loro che sono importanti per noi, che vogliamo loro bene. Il nostro metterci in gioco con loro, fargli sentire che li amiamo, che la differenza di età non impedisce un incontro vero, bello. In tutti questi anni è stata una esperienza bellissima girare per le scuole della Diocesi.”
Segue poi la domanda di Gregorio che chiede una testimonianza partendo da alcune frasi del libro (es. pg. 33), come lo Spirito ha giocato con lei nei suoi 16 anni, ma soprattutto se quello che è successo allora è stato in qualche modo cambiato.
Mons. Forte: “Ho avuto la grazia di nascere in una famiglia che aveva avuto tradizione laica ed anticlericale, il primo credente fu mio padre che univa competenza scientifica alla fede ricevuta grazia all’incontro con un gesuita. Avevo bisogno di un amore che desse senso alla mia vita, non mi bastava nemmeno il solo amore umano, perché cercavo un amore così grande che difficilmente può dare una relazione. Grazie al mio Parroco, che mi iscrisse ad un campo dell’azione cattolica, incontrai il Cardinale Ursi e lì iniziò tutto. Sono passati 55 anni da allora, ma vi posso dire davanti a Dio che la luce, la gioia, la passione di quell’incontro non sono mai finiti. Un anno dopo entrai in seminario, divenni prete a 24 anni e poi tante esperienze. Il Cardinale aveva bisogno anche di qualcuno che potesse insegnare, e da quel momento iniziai tante esperienze dove conobbi i grandi teologi del ‘900 […] tra cui Henri-Marie de Lubac il quale rispondendo alla mia domanda sul tempo più difficile della sua vita, mi rispose sono i giorni di oggi perché vedo troppi figli della Chiesa che amano troppo poco la Chiesa. […] Non conta il mio io, ma quello che conta è la comunità della salvezza, è la barca e la nave dove siamo stati accolti dal Signore”.
Giacomo si interroga sul concetto di esploratore ed esplorazione, dinamicità, movimento verso l’altro, “ho compreso che per compiere questo atto bisogna essere coscienti e volerlo, le chiedo come si può scuotere la coscienza o l’anima di chi non è esploratore a prescindere dall’età?”
Mons. Forte: […] Credo che il primo ponte è l’amicizia e il rispetto, ho avuto tanti amici non credenti, ad esempio Massimo Cacciari, non è importante essere credenti o non credenti, ma pensanti. […] Se fuggi di fronte alle più dure domande Dio che ama interrogarti e sfidarti, non si farà trovare. E’ evidente che non parlerei mai di condividere il suicidio assistito, ciò che mantiene in vita anche nelle situazioni estreme è una relazione d’amore. Mi interrogo su quanto amore abbiamo saputo dare a persone in queste condizioni? L’amore è la forza che dà ragione di vivere. L’amore è ciò che toglie la morte. […]. Credo questo sia l’approccio da stabilire con qualunque altro”.
Carlotta pone l’attenzione sull’importanza della Bibbia, sostenendo che molti suoi coetanei non credono alla parola perché scritta dagli uomini, “come possiamo noi credenti far capire che la nostra fede si basa anche sulla Parola”.
Mons. Forte: “in un incontro al Cairo con il Grande Imam di al-Azhar, sostenevo la tesi che pur rispettando il credente islamico, c’è una differenza fondamentale: il Corano è un libro sceso dal cielo da non interpretare, ma da applicare. Nel mondo biblico ebraico – cristiano, l’interpretazione è la regola perché crediamo in un Dio che è entrato nella storia, che ha fatto sua la storia. Andare al di là del versetto verso la profondità che ti sta dicendo. Non è codice di legge, è incontro con Qualcuno che ti parla anche con il tuo silenzio, l’ermeneutica è questo lasciarsi sfidare dal testo, entrare in dialogo con l’altro che ti inquieta attraverso il testo. Nel leggere la Bibbia ti innamori, incontri la Parola nelle parole e devi lasciarti sfidare da quello che la Parola ti dice tacendo o tace dicendo. […] Tu conosci veramente quando conosci la luce della non conoscenza, la Bibbia è fatta per essere lo strumento di un incontro inquietante, incontro di amore e solo così ti parla e non ti lascia come ti ha trovato”.
Rispondendo poi alla domanda sull’astrazione di Dio, afferma: “Noi stiamo nel pancione di Dio che ci porta, ci nutre, ma un giorno nasceremo, per molti uomini sarà la morte, ma per i cristiani è la nascita. Per conoscere non tutto deve essere luminoso, noi siamo in una notte portata, accolta, dove ci sono legami d’amore che ti sostengono fino a quando vivremo la nascita e sappiamo che lì c’è Qualcuno che ti aspetta e che ti chiama. Noi abitiamo una notte che ci porta.”
Giacomo continua con una domanda sulla trasmissione della Parola di Dio “il messaggio di Dio è quello, cambiano gli uomini ed i tempi, come portiamo il messaggio inalterato”?
Mons. Forte: “la risposta islamica, è che il messaggi o inalterato perché viene dall’alto. Nel mondo ebraico – cristiano il messaggio è inalterato quando cambia. […] Se la parola di Dio non si incarna nella tua vita, non è un incontro e quel messaggio prima che ardesse nel tuo cuore era testo e che diventa fuoco, passione, amore”.
Carlotta sottolinea un passaggio della lettera ai Corinzi che l’ha colpita particolarmente e sul quale chiede una sottolineatura all’Arcivescovo.
Mons. Forte: Quando il figlio di Dio diventa uno come noi, accetta il rischio della nostra umanità. Nel cristianesimo l’incarnazione è fondamentale, è straordinaria, un Dio che diventa carne. Questo significa che tu incontri Dio quando lo ami, quando accetti l’umanità, quando ne hai infinita compassione. Soltanto su questa via di un incontro di amore profondo con la terra, il cielo cristiano si disvela. […] La categoria universale il dolore, la risosta, l’amore.
Ricordo Giovanni Paolo II al cui fui chiamato nel 2004 a predicare gli esercizi, avemmo diversi colloqui, tra i quali uno di due ore e mezzo. G chiesi, come avesse fatto a superare tutte queste prove anche fisiche. Mi rispose il Papa deve soffrire! Dava una lettura mistica teologica alla sua sofferenza. Dare la vita non è un gioco, chi ama deve accettare il prezzo della sofferenza”.
Gregorio: “Cosa si intende per carità e come si educa alla carità”?
Mons. Forte: “Ho posto la stessa domanda a Madre Teresa di Calcutta, parlammo a lungo e le chiesi: Madre lei ha iniziato tante cose per amore per i poveri, ma mi spiega il segreto? E lei guarda il crocifisso e risponde per rispondere al grido di Gesù in croce, ho sete! Il segreto è riconoscere la presenza dell’amato che ti sta chiamando, la carità non è fare, ma amare, essere innamorati di Colui che ci chiama nel povero, nel sofferente […]”.
Carlotta dopo aver citato Santa Teresa d’Ávila chiede “quanto il pensiero influisce sul nostro credere oggi e quanto ci condiziona”?
Mons. Forte: “Per circa 20 anni passavo una settimana insieme al Cardinal Martini all’anno, anche lui si faceva questa domanda, mi chiedeva se volte mi venisse il pensiero se dopo la morte non ci fosse niente: La sua risposta era quella di santa Teresa: l’amore di Gesù ha preso il mio cuore. Diventa relativo pensare al Paradiso del dopo, questo basta per vivere, il vero paradiso in cui crediamo è quello che sperimentiamo quando ci lasciamo amare da Gesù”. E citando Dostoevskij dice il “vero infermo è non amare”.
Giacomo: “se a parlarci di Dio oggi fosse di nuovo Gesù, quanto cambierebbe il messaggio per essere attualizzato”.
Mons. Forte: “ci direbbe lo stesso, la vera novità non è nelle parole diverse, ma nel fatto che tu ti senti raggiunto e toccato da quella Parola, la forza del Vangelo è nel fatto che tu ci credi. Nel mondo globalizzato il Vangelo di Gesù unisce le persone più diverse. I Santi di tutti i tempi sono stati diversissimi […]”.
Gregorio: “rispetto al Capitolo 6 del libro vorrei chiedere come si educano i preti alla carità? Ho visto preti immobili e poco trasportati, come si rieduca dentro casa”.
Mons. Forte: “L’unica via è quella di amare, ho avuto la grazia di ordinare tanti preti giovani, preti gioiosi, per me è stata consolazione enorme. Ragazzi che donano la vita a Gesù, che vivono con gioia che hanno grazia di un incontro […] che scoprono di essere amati da Dio e donano la propria vita. Questa è la bellezza del Vangelo che ha novità da dirti proprio a te aprendo il tuo cuore.
Gregorio: “Cita spesso Sant’Agostino, ne è appassionato”?
Mons. Forte: “Si ho fatto anche un pellegrinaggio sui luoghi di Agostino, ne sono appassionato perché lui è un innamorato, ha incontrato amore che non lo lascerà più.
Dopo questo interessantissimo botta e risposta tra i giovani e Mons. Forte, don Andrea è concluso dicendo: “Due risonanze mi sento di fare: la prima quando hai detto che la fede non è fuggire dall’umano né superarlo, l’Arcivescovo in modo umano ci fa entrare nel mistero di Dio con linguaggio semplice, ma al tempo stesso alto. Sono molto contento di questa serata, perché ero certo che Padre Bruno ci avrebbe portato a pensare la fede con il cuore, perché il termine amore è uscito moltissime volte, gli abbiamo dato un contenuto vero, lo abbiamo sentito, lo abbiamo e abitato e quindi è una serata che ci porteremo nell’animo proprio perché abbiamo pensato […]. La seconda risultanza è un’intuizione che solo i grandi maestri possono metterti in mente quando parlano della fede, nel loro dire aprono molte finestre. Nel racconto di Madre Teresa ho pensato che Madre Teresa, che ha riportato in casa l’anziano morente, in realtà l’ha portato fuori sulla collina perché per quell’anziano che stava morendo nell’immondizia, il fuori era rappresentato dalla casa e dalle carezze delle suore missionarie della carità. Questo ci interpella molto sulla risposta alla carità. Forse siamo chiamati anche noi, ad andare a prender il dentro della gente che talvolta è solo mondezza […] ed a portarlo nel loro fuori che non è altro che il nostro dentro che è ricchezza e pienezza di senso. Grazie Padre Bruno, grazie di cuore”.
L’incontro, durato quasi due ore, si è concluso con la lettura di una preghiera proprio di Sant’Agostino.
Di seguito alcune foto e il video per rivedere l’incontro.