Nel ritiro spirituale per operatori della comunicazione, guidato dal sacerdote e giornalista Don Filippo Di Giacomo, sono stati affrontati alcuni temi riguardanti l’essere cattolici in questa professione.
Un primo punto riguarda l’evangelizzazione. Come possiamo essere testimoni nel nostro luogo di lavoro? Il primo errore da non fare è quello di dichiararsi “cattolici” per occupare uno spazio di potere in quanto tali.
Siamo stati invitati a dare testimonianza in primis con la nostra esperienza di fede, che deve calarsi nella vita concreta, fatta di gesti e comportamenti. Essere giornalisti cattolici non significa quindi avere un ruolo delimitato, ma vivere pienamente il nostro rapporto col Signore, in modo che sia visibile per le persone con le quali interagiamo quotidianamente.
Quindi ci sono state diverse riflessioni sulla Scrittura, alcune di queste molto approfondite, che hanno aperto spazi di meditazione e comprensione inediti. Ad esempio, l’idea che la definizione di Dio leggiamo in Esodo “Io sono colui che è” può essere tradotta più correttamente “Io sono colui che diviene” cambiando la nostra percezione di Dio: quell’idea di staticità che rimanda al “motore immobile” di aristotelica memoria viene riletta dentro una visione di Dio “in movimento”, come un atto creativo continuo. Un’esperienza che va oltre le nostre limitate gabbie concettuali.
Altro concetto illuminante riguarda l’idea stessa di Parola. Rispetto all’Islam, dove il Corano preesiste all’esistenza dell’Universo e viene dettato letteralmente a Maometto, nel Cristianesimo la Parola si concretizza nel divenire stesso dell’esperienza umana, rendendo la persona umana, Parola stessa di Dio. Una parola viva, comprensibile solo in parte con la mente, ma che vivifica la nostra anima guidando il nostro progresso spirituale.
Alessio Perilli
Di seguito alcune foto: