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Un uomo, l’amore, la scienza: in queste poche parole è racchiusa la storia poco nota di Vincenzo Tiberio, il medico italiano che primo fra tutti nel 1895, 34 anni prima di Fleming, scoprì l’importanza di alcune muffe e sperimentò il loro potere antibiotico. Una storia davvero particolare quella che Tiziana Lupi racconta nel suo libro “Il Nobel mancato”, presentato martedì 7 maggio nell’Auditorium di San Pio X per la rassegna “I Martedì Letterari”. In sala, con l’Autrice, anche Antonio Dondolini Poli, ammiraglio ispettore capo dell’Ispettorato di Sanità della Marina Militare; e Giulio Capone, medico e nipote di Vincenzo Tiberio. Ha letto alcuni brani del libro l’antropologo Sergio Grasso. A moderare l’incontro il giornalista Mariano Sabatini.
“Questo libro intende riconoscere il giusto merito a un uomo che ha saputo essere uno scienziato di grande intuito e un validissimo ufficiale, di mirabile esempio per tutti”, ha sottolineato l’ammiraglio Dondolini Poli che ha ricordato l’esperienza di Tiberio come medico degli italiani che emigravano in America del Nord; e quella sulla nave Campania per l’intervento umanitario in occasione del terribile terremoto di Messina del 1908.

Gli studi, pubblicati negli Annali d’Igiene Sperimentale con il titolo “Sugli estratti di alcune muffe”, rimasero in un cassetto perché Tiberio, a causa di un amore apparentemente impossibile, abbandonò la carriera universitaria per quella militare, vincendo il concorso per Ufficiale medico della Regia Marina.

Giulio Capone ha ricordato il nonno e il medico come un uomo “perennemente alla ricerca della verità”. Ora, aggiunge, “è arrivato il momento che il mondo riconosca i suoi meriti”.

Sottolinea Tiziana Lupi: “Non si tratta di riscrivere la storia della medicina. Ma è certamente giusto ricordare quello che definirei l’uomo giusto al momento sbagliato. Le basi culturali e scientifiche dell’epoca non erano adeguate per recepire l’enorme rilevanza dell’opera, che ha avuto forse la ‘colpa’ di essere pubblicata solo in italiano”. Tiberio, nato a Sepino in Molise nel 1869, mori nel gennaio 1915. Si chiede Tiziana Lupi nel libro: “Se fosse stata riconosciuta la scoperta di Tiberio chissà quante morti per malattie legate alla Grande Guerra, causate da infezioni non curate, si sarebbero potute evitare”.