VORAGINE IN PIAZZA E RIPERCUSSIONI SULLA PARROCCHIA
La situazione che si è creata su piazza della Balduina proprio la scorsa domenica pare sotto controllo. Su un terreno sottoposto alla tutela del Comune di Roma si è aperta una grossa voragine per una perdita della fognatura sembra ad una profondità di diversi metri. La grotta formata nel sottosuolo ha un diametro stimato di 8 metri. Il ripristino è a carico del Comune di Roma che dovrebbe anche risarcirci (quando potremo farlo) il ripristino del muretto della parrocchia che è crollato. Il nostro compito è di mettere in sicurezza solo il grosso pino che è sulla siepe e lo faremo prestissimo. La cosa sarà ancora lunga. Speriamo si risolva presto. Per ora tutte le entrate sono sui via Friggeri e tutte le Messe feriali e festive in chiesa grande.
INCONTRO SULL’ISLAM
Lunedì 17 ottobre il già molte volte annunciato incontro con padre Khalil Samir Khalil. Alle 19.30 (fino alle 21) in sala san Pietro. In questo notiziario la terza puntata delle riflessioni di don Paolo sull’islam. Padre Samir è un islamologo egiziano di fama internazionale. Non è stato facile invitarlo, speriamo sia anche accompagnato dalla presenza di molte persone. Grazie!
AMICI DI SIMONA
Da lunedì 17 ottobre riprende anche il doposcuola dell’Associazione Amici di Simona a partire dalle 16.30 ogni pomeriggio esclusi sabato e domenica.
SABATO E DOMENICA PROSSIMI 22 E 23 OTTOBRE
- l’incontro dei catechisti della parrocchia con tutti i catechisti delle parrocchie della prefettura e con il Vescovo Selvadagi alle 15.30 alla parrocchia di S. Maria Mater Dei (don Orione)
- la festa delle famiglie della parrocchia domenica subito dopo la Messa delle 10
- la bancarella annuale delle castagne dell’Operazione Mato Grosso
Domenica 23 ottobre, XXX Domenica del Tempo Ordinario:
L1: Siracide 35,15-17.20-22 | Salmo 33 | L2: 2 Timoteo 4,6-8.16-18 | Vangelo: Luca 18,9-14
CONSIDERAZIONI BREVI SULLA RELIGIONE ISLAMICA (3)
L’islam è la religione del terrore? Recentemente papa Francesco, dialogando con i giornalisti sull’aereo, ha ribadito con forza: “L’islam non è la religione del terrore!” Non possiamo che dare ragione al papa, sebbene l’affermazione nella quale egli stesso ha formulato la domanda e offerto la risposta sia oggettivamente un po’ generica. Nessuna religione è “del terrore”. Ma tutte le religioni hanno spesso terrorizzato prima l’anima, spesso anche il corpo, quando sono state presentate, predicate o addirittura imposte in modo da non essere per nulla fonte di libertà e di serenità per l’essere umano. Gesù ha detto “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). La verità non è la negazione di ciò che io penso o ho il diritto di pensare, ma è un’offerta di pace per l’anima che sbaglia, che è abbracciata dall’errore e soprattutto dalle conseguenze dell’errore, ovvero ciò che lega la persona all’insieme delle persone che sbagliano, in mezzo alle quali si trova non solo gente in buona fede ma spesso anche in mala fede. Perciò la verità libera! Ma ancora di più libera se è annunciata da persone che sono liberanti, perché hanno cura per la persona umana, la rispettano così com’è, ne promuovono la libertà di coscienza, la accompagnano con pazienza. Questo è, in definitiva, il compito di ogni filosofia dell’essere, di ogni pedagogia di vita, di ogni religione che si presenti all’uomo non per indottrinarlo ma per farne una persona libera davvero. Ecco perché Gesù ribadisce: “Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi per davvero!” (Gv 8,36). La conoscenza che ho del mondo islamico mi permette di dire che la formazione che viene data ai figli dai genitori (soprattutto dai padri) è una formazione che tende a renderli liberi e forti nella fede e nei valori morali. Non ho mai visto alcun musulmano (ovviamente ho una conoscenza limitata) incutere ai propri figli il terrore o insegnare la prevaricazione sull’infedele. In questo tanti musulmani sono bravi educatori come lo sono tanti cristiani e tanti ebrei. Perché allora esistono i terroristi che traggono dalla fede nell’islam e dal Corano la giustificazione per operare il terrore? Padre Samir Khalil Samir, gesuita, filosofo e teologo attivo soprattutto in Egitto, grande conoscitore dell’islam, ci aiuta a fare chiarezza. È una chiarezza indispensabile, che facciamo (che ci serve!) non per discriminare il “nemico” (i cristiani sono chiamati ad amare i nemici) ma per un dovere di formazione, di autocoscienza che non potrà che aiutarci a dialogare meglio con i fratelli dell’islam, che sono per davvero nostri fratelli e sorelle. PRIMO PUNTO. Le guerre di religione – a rigore – non sono mai esistite. Sono chiamate così ma hanno alla base sempre altre motivazioni (territori, interessi economici, prevalenza su aree geografiche importanti) alle quali la religione ha dato un supporto. Utilizzando la nota definizione di religione “instrumentum regni” (religione come strumento di potere). Non è dunque una grande novità dire che oggi “non esistono guerre di religione”: il senso storico ci dice che non sono mai esistite per davvero. SECONDO PUNTO. L’islam è una religione profondamente diversa da quella cristiana. È una religione ove politica e fede si distinguono molto difficilmente. Anzi sono spesso unite tra di loro. La riflessione, che così faticosamente ha portato il cristianesimo a distinguere tra dimensione religiosa e dominio politico della religione, nell’islam non è mai iniziata. Per non pochi paesi a prevalenza musulmana è normalissimo che la costituzione (ove ci sia) dica che l’islam è la religione di stato, quella ufficiale. Sono i paesi della sharìa, ove le leggi civili e penali sono spesso dedotte dallo stesso Corano (pensiamo al taglio della mano per un ladro o alla lapidazione per una donna adultera). Se dunque molti onesti musulmani non hanno mai preso e mai prenderanno in mano le armi, il loro libro sacro non esclude che possano farlo e che facendolo, facciano cosa gradita a Dio. Questa è una differenza nettissima con il cristianesimo, impossibile a negarsi. TERZO PUNTO. Quando un musulmano fa la guerra (o da solo, come caso isolato, o arruolandosi nell’Isis o in Boko Haram o nelle varie organizzazioni della jihad islamica) non sempre ha chiara la distinzione tra CONQUISTARE UN TERITORIO e CONQUISTARE LE PERSONE ALLA RELIGIONE ISLAMICA. Perché si parlerebbe sennò di “guerra santa”? Le guerre non sono mai sante ma tanti che le hanno fatte non le hanno mai chiamate “sante”. Se uno le chiama “sante” vuol dire che nella sua mente l’approccio militare e quello religioso non si distinguono. QUARTO PUNTO. È vero che tante organizzazioni musulmane hanno reagito a guerre sporche (per nulla sante) fatte da capi di stato occidentali (in testa gli americani) che volevano dominare popolazioni più grandi, esportare un modello di democrazia inesistente in quei popoli, sottometterli al dominio del denaro e della finanza. Ma ciò non giustifica una jihad. Per esempio, né in Sudan né in Nigeria né in Arabia saudita gli USA hanno fatto guerre eppure là molti cristiani vengono sgozzati, bruciati nelle loro chiese, ammazzati. Padre Jacques, ucciso a Rouen mentre celebrava la Messa, aveva forse organizzato una guerra per il petrolio? Chi va a fare vacanze in estrema Asia e porta turismo e soldi e viene ammazzato al ristorante, aveva forse fatto una guerra per dominare quelle città? Eppure sono stati uccisi senza pietà. E i terroristi non erano malati. Ciò significa che giustificare le reazioni di organizzazioni islamiche solo come reazione a dominazioni occidentali è falso e fuorviante. QUINTO PUNTO. C’è una differenza tra il martirio dei cristiani e il martirio dei musulmani? Martirio è un termine che dal greco significa “testimonianza”. È una parola largamente usata nel vocabolario cristiano ad indicare gli uomini e le donne che sono morti e ancora muoiono in odio alla fede. Cioè che sono uccisi per la fede. Il martirio è sempre stato tenuto in grande conto nella fede cristiana e considerato una causa di evangelizzazione tacita (cruenta ma tacita) affinché la radicalità della scelta cristiana fosse mostrata più dai gesti che dalle parole. Gesù, il fondatore del cristianesimo, è stato un martire. Tertulliano, apologista cristiano del III secolo, scriveva “Sanguis martyrum semen novum christianorum” (il sangue che versano i martiri è il seme da cui nascono nuovi cristiani). Ma lo stesso Tertulliano – come molti altri autori dei primi secoli cristiani – metteva in guardia da un martirio cercato, voluto o addirittura provocato. Non si rinuncia alla vita dono di Dio quando non è necessario. Si è martiri solo quando si è uccisi perché inermi e innocenti. Si è martiri quando si decide di non rinnegare la fede per paura delle persecuzioni e per questo si viene uccisi. O quando (come padre Massimiliano Kolbe) si decide con un atto pacifico e nobile di morire al posto di un altro. I terroristi non sono martiri. Sono persone che uccidono mosse dall’idea che questo sia gradito a Dio e che procuri il paradiso. Sono fondamentalisti che, prima di uccidere, pregano. Non si può assolutamente parlare di alcun martirio nei musulmani che fanno questo. Il musulmano onesto è colui che vive la “jihad”, ovvero la lotta (questo è il significato del termine) in modo non violento. Per esempio, un musulmano che spiega il Corano o le tradizioni islamiche o che insegna nelle scuole coraniche sta facendo una bella “jihad”, uno sforzo accompagnato come è ovvio dalla speranza di riuscire a convincere. Ma non si parli di martirio nel kamikaze che, per difendere la causa palestinese (ad esempio), si fa esplodere in un centro commerciale e provoca decine di morti innocenti. Questo non è martirio.
Don Paolo Tammi p.tammi@tiscali.it Continua……